Autori:
Dr. Guglielmo Zanotti
Specialista Ambulatoriale interno di Ortognatodonzia ULSS9 Scaligera di Verona
Libero professionisto a Verona
Dr. Luciano Umberto, Dr. Gabriele Perozeni, Dr. Federico Gelpi
Liberi professionisti a Verona
Introduzione
L’agenesia dell’incisivo laterale superiore mono o bilaterale è una tra le anomalie odontoiatriche estetico-funzionali che più frequentemente si deve risolvere nella pratica clinica di ogni giorno3-4.
Si tratta di una problematica che presenta più soluzioni: il trattamento ortognatodontico associato al trattamento conservativo/protesico6, il trattamento ortognatodontico associato al trattamento chirugico implanto-protesico oppure unicamente il trattamento chirurgico implanto-protesico8-9-10. Ogni soluzione dipende dalle caratteristiche individuali di ogni paziente tra le quali la discrepanza dentoalveolare in eccesso o in difetto associata alla classe scheletrica e alla esposizione estetica della linea del sorriso1-7.
Presentazione
Il caso riportato è il tipico caso misto che comunemente si rende necessario risolvere. Nello specifico riguarda un paziente adulto maschio, precedente fumatore, di 49 anni con anamnesi medica generale negativa, con esiti di molteplici trattamenti odontoiatrici e con le seguenti caratteristiche articolo-muscolo-occluso-scheletriche: prima classe di Angle, normodivergenza, agenesia bilaterale a livello dell’incisivo laterale superiore, assenza dolenzia muscolare, assenza di dolenzia articolare, protrusione e lateralità nella norma, curva di Wilson e di Spee alterate causa la assenza di elementi dentari 1.2-2.2-4.6-3.6-3.7, dimensione verticale nella norma grazie alla preservazione del 4.7 mesioinclinato, deviazione dento-scheletrica linea mediana inferiore verso sinistra, migrazione mesiale dell’elemento dentario 2.3 in sede 2.2, esposizione estetica della linea del sorriso nella norma, discrepanza dentoalveolare, lieve residuo radicolare elemento dentario deciduo 5.2 riabilitato provvisoriamente tramite protesi a ponte adesiva tipo Maryland dell’elemento dentario 1.2.
Il quadro diagnostico e le condizioni economiche del paziente non permettono un riequilibrio completo dell’arcata con un trattamento ortognatodontico superiore e inferiore associato ad un trattamento chirurgico implanto-protesico degli elementi dentari 1.2-3.6-3.7-4.6 e ad un trattamento conservativo/protesico dell’elemento dentario 2.3. Considerando l’esposizione favorevole della linea estetica del sorriso e la discrepanza dentoalveolare lieve della arcata superiore, si rende possibile la riabilitazione implanto protesica immediata post-estrattiva dell’elemento dentario 1.2.
L’unico ostacolo alla risoluzione della problematica risulta essere la distanza mesio distale di 6 mm tra gli elementi dentari 1.1 e 1.3 causata dalla chiusura dello spazio interdentale avvenuta a seguito della frattura coronale dell’elemento dentario deciduo 5.2. La suddetta distanza impedisce la riabilitazione dell’elemento 1.2 non essendo modificabile tramite trattamento ortognatodontico come motivato precedentemente e non essendo sufficiente, tramite impianti di diametro 3,3 mm, garantire gli 1,5/2 mm minimi di distanza tra l’elemento implantare e i margini radicolari degli elementi vicini al fine di una adeguata osteointegrazione implantare1.
L’unica soluzione per riabilitare implantoprotesicamente in maniera immediata l’elemento 1.2, senza trattamento ortognatodontico associato, risulta quindi essere l’utilizzo di un impianto di diametro inferiore ai 3 mm, motivo per cui si sceglie di usare l’impianto di nuova generazione con diametro 2,9 mm (Figg. 1 a-c).
Materiali e Metodi
La preparazione del caso del paziente prevede l’esecuzione di foto iniziali, modelli di studio, una analisi radiografica preventiva della disponibilità ossea al fine di preindicare la lunghezza e il diametro implantare e una analisi occlusale preventiva al fine di ottenere una dima prechirurgica indicante l’inclinazione ideale ai fini protesici e una corona provvisoria in resina (metilmetacrilato) prima della limatura del moncone temporaneo (PEEK).
Il paziente viene accomodato e preparato secondo le tradizionali norme igienico sanitarie per il raggiungimento della massima sterilità. Dapprima si esegue la disinfezione cutanea periorale (Lodopovidone 10%) associata alla vasellina per umettare i tessuti. Viene poi ad essere trattata la superfice gengivale tramite un anestetico topico (Lidocaina + Cetrimonio Bromuro 15 %) e successivamente inoculata l’anestesia plessica a livello del microcircolo del fornice vestibolare superiore e a livello palatale (Articaina 4% + Adrenalina 1/200.000). Si esegue quindi l’incisione dei tessuti a livello paracrestale palatale preservando le papille interdentali e andando a scollare il tessuto a medio spessore vestibolarmente e a tutto spessore palatalmente (bisturi 12C). Il residuo radicolare dell’elemento 5.2 viene estratto permettendo l’esecuzione della fresatura esplorativa mediante fresa lanceolata (diametro
1.9 mm) a 5 mm al centro della distanza interdentale tra gli elementi 1.3-1.1 e seguendo i dettami della dima prechirurgica. A seguito della verifica della solidità ossea (D3 classificazione di Misch)2 mediante sonda implantare si esegue la prima fresatura a 5 mm (diametro 2,2 mm) sempre mantenendo la dima prechirurgica per poi rimuoverla e completare la fresatura seguendo l’inclinazione ottenuta fino a 13 mm. Si esegue poi una seconda fresatura per 3 mm (diametro 2,8 mm) al fine di impedire un’eccessiva pressione ossea da parte dell’elemento implantare durante l’inserimento. Si inserisce quindi un impianto (Titanio grado 5, Superfice HRS) 2,9 mm di diametro e 12 mm di lunghezza fino a 2 mm sotto la cresta ossea per favorire l’estetica protesica. Viene quindi favorito l’utilizzo di un moncone pre-angolato.
Si esegue la prova del moncone protesico provvisorio preangolato a 15° (PEEK) intraoralmente. Quest’ultimo viene limato extraoralmente secondo le indicazioni ottenute dalla preparazione del caso in modo tale da accogliere passivamente la corona provvisoria. A questo punto si ribasa la corona provvisoria con ulteriore resina (metilmetacrilato).
Ultimati il moncone temporaneo e la corona provvisoria mediante lucidatura, si cementano (ossido zinco eugenolo) ed inseriscono sull’impianto nella posizione prestabilita eliminando ogni rischio di residui di cemento o resina perimplantari, dannosi per la corretta osteointegrazione.
Si esegue inoltre il controllo dell’assenza di contatto occlusale diretto da parte della corona provvisoria. Si sutura il sito accuratamente eseguendo un lembo a riposizionamento apicale vestibolare mediante punti singoli sul fornice vestibolare e a materassaio orrizzontale incrociato tra le porzioni vestibolari e palatali. Si sfrutta così la porzione gengivale palatale in eccesso, ottenuta dalla modalità di incisione iniziale, tale per cui si prevede la formazione di una buona quantità di gengiva aderente perimplantare vestibolare (sutura assorbibile acido glicolico/acido lattico) (Figg. 2-2a-p).
Risultati
A seguito della prima mensilità viene eseguito il primo controllo clinico della stabilità implantare e gengivo-tissutale quindi a distanza di un trimestre dall’intervento viene eseguito il secondo controllo clinico e radiografico della stabilità implantare e gengivo-tissutale (Fig. 3).
In entrambi i casi l’esito è positivo, la stabilità implantare e gengivo tissutale è ottimale; inoltre radiograficamente l’osteointegrazione appare completa. Si attende un’ulteriore mensilità per poi eseguire l’impronta (Silicone) con il transfer per impianti di diametro 3,3 mm, la prova della posizione del moncone definitivo pre-angolato a 15° (Titanio grado 5), la prova estetica della corona definitiva (zirconio-ceramica) e l’inserimento della corona definitiva precementata con il moncone sull’impianto mediante l’ausilio di una dima protesica che permette la perfetta saldatura tra moncone implantare e impianto senza deterioramento della ceramica durante le percussioni necessarie alla stabilizzazione della corona (Figg. 4a-d).
Il controllo clinico e radiografico della stabilità implantare e gengivo-tissutale a distanza di un semestre e poi annuale hanno dato esito positivo sia clinicamente che radiograficamente riscontrando un unico episodio di distacco tra moncone e impianto, a distanza di un trimestre dalla cementazione della corona definitiva, risolto tramite la rimozione dei carichi tangenziali sulla superificie distopalatale e distomesiale della corona dell’elemento dentario 1.2 (Figg. 5a-c).
Conclusioni
L’utilizzo dell’impianto 2,9 mm risulta quindi essere indicato nei casi estremi di limitata disponibilità ossea controllando accuratamente i carichi occlusali tangenziali alla corona che supporta.
Quest’ultima ipotesi dovrà essere vagliata da studi sperimentali successivi che permettano di raggiungere il numero necessario per rendere significativa l’ipotesi suddetta.
Realizzazione protesiche: Odt. Daniele Iattarelli – Verona
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