Autori:Â Dott. Renato Turrini, Sig. Massimiliano Mattei.
Paziente femminile di 65 anni.
Alla prima visita (fig. 1) la paziente si presentava con edentulia completa inferiore e portatrice di protesi, mentre nel superiore era presente un bloccaggio in ceramica.
Il desiderio era quello di avere una maggiore stabilità contro il dislocamento della protesi e quindi una maggiore sicurezza in tutti i rapporti sociali.
La paziente in un primo momento preferiva una protesi fissa come nel superiore, ma, non potendo inserire degli impianti nei settori posteriori per una forte atrofia, si consigliava una protesi completa supportata da impianti con barra fresata.
Questa soluzione garantisce un ottimo risultato nel tempo ed è quella che si avvicina di più ad una protesi fissa, soprattutto per quanto riguarda l’eliminazione del dislocamento che rappresentava la richiesta principale della paziente.
A causa di un forte riassorbimento osseo si richiedevano OPT (fig. 2) e Dentalscan; si eseguiva una ceratura diagnostica per ottenere una dima radiologica, al fine di valutare il posizionamento implantare e di trasformarla, successivamente, in dima chirurgica (fig. 3). Dopo aver analizzato l’iter diagnostico per poter garantire una buona tenuta della nuova protesi si optava per un intervento chirurgico con l’inserimento di 4 impianti in zona interforaminale.
La fase chirurgica veniva eseguita previo posizionamento della dima con lembo a spessore totale (fig. 4). Con la fresa pilota si eseguivano i fori precedentemente stabiliti dalla dima chirurgica, facendo particolare attenzione a non surriscaldare l’osso e a non creare traumi eccessivi.
Nel quadrante di dx non si trovava nessuna difficoltà nel posizionamento implantare (fig. 5), mentre nel quadrante di sx durante l’alesaggio si rilevava un osso più rarefatto a causa delle precedenti estrazioni (figg. 6, 7).
In questa fase si era costretti a variare l’inclinazione spostandosi più lingualmente, come se si fosse di fronte a un alveolo post-estrattivo. In questo modo si veniva a creare uno spazio vuoto tra l’impianto e la parete ossea vestibolare, in cui il coagulo e il riempitivo potessero dar luogo ad una rigenerazione ossea (figg. 8, 9).
Si è pertanto recuperato l’osso fresato (fig. 10), che veniva messo a contatto con la superficie implantare insieme a del bio-materiale, in modo da ottimizzare la chiusura del gap; si ricopriva poi il tutto con una membrana riassorbibile (fig. 11).
Tutto questo per ridurre al minimo il rischio di una perdita ossea vestibolare e per avere una rigenerazione ossea completa.
Gli impianti usati erano di diametro 4,1 mm con lunghezza 10 mm (fig. 12) e venivano posizionati al livello sotto-crestale con tappi di chiusura (fig. 13).
La mucosa era posizionata al di sopra degli impianti con sutura a punti staccati e al paziente veniva adattata e condizionata la protesi esistente (figg. 14, 15).
Dopo un periodo di attesa di 3 mesi si procedeva alla costruzione di una protesi completa inferiore supportata da una barra fresata con sovrastruttura scheletrica con relativi perni frizionanti e due chiavistelli.
Il rilevamento dell’impronta avveniva con materiali monofase e, come di consueto, utilizzando un portaimpronta individuale in resina.
Si assemblavano gli analoghi da laboratorio e si colava l’impronta dopo averla boxata.
Tramite una base di registrazione in resina si rilevava la dimensione verticale per poi procedere al montaggio dei denti con relativa prova estetica e funzionale in bocca (figg. 16-18).
Venivano eseguite delle mascherine in silicone, che hanno il compito di facilitare il calcolo del volume della barra e, quindi, la costruzione della stessa (figg. 19, 20).
La scelta dei componenti protesici viene effettuata utilizzando un kit di pianificazione, molto utile, in materiale plastico autoclavabile. Per questo lavoro sono stati scelti 3 monconi per barra diritti e 1 moncone inclinato a 15° per sopperire al disparallelismo (figg. 21, 22).
Sopra i monconi venivano posizionate delle cappette auree per barra che saranno successivamente fissate agli stessi con viti di connessione. Su queste cappette veniva modellata della resina per la costruzione della barra con l’ausilio della mascherina in silicone (fig. 23).
A questo punto si calcolava la lunghezza delle estensioni implantari. Successivamente si fresava a 2° la barra in resina, si separava con un disco fine per togliere le tensioni da polimerizzazione, quindi, si ricopriva con del cianacrilato da pattern resina.
Si imperniava con barra stabilizzatrice sezionata e si fondeva in lega aurea con durezza Vickers HV=250. Di solito si esegue la fusione con lega CrCo avente durezza Vickers HV=320, ma in questo caso si è fatto una variante.
Dopo averla rifinita e rettificata, si provava la barra in bocca e si controllava il fitting tra la barra e gli impianti.
In seguito all’esito positivo della prova si procedeva alla realizzazione della sovrastruttura in CrCo e, con la metodica elettro-erosiva, si preparavano le coulisse sulla barra primaria con dei perni guida da 0,9 mm, che poi saranno saldati al plasma in un secondo momento. Con il solito metodo venivano preparati, sempre sulla barra primaria, gli alloggiamenti dei chiavistelli (figg. 24-30).
Provata la secondaria in bocca e controllato il graduale frizionamento tra primaria e sovrastruttura (fig. 31), si andava a terminare il lavoro rimontando i denti con l’aiuto della mascherina in silicone, si opacizzava la struttura secondaria (figg. 32, 33) e si metteva in muffola per la futura zeppatura della resina.
Una volta avvenuta la polimerizzazione e lasciata raffreddare la struttura, si procedeva allo smuffolamento con controllo occlusale e funzionale sull’articolatore.
La protesi veniva rifinita con frese in tungsteno, lucidata con pomice fine fluida e venivano passate con micromotore a basso numero di giri delle paste brillantanti al banco. Infine, la protesi veniva immersa insieme alla barra primaria in ultrasuoni e poi disinfettata con soluzioni specifiche per renderla pronta per la consegna (figg. 34-41).
Indicazioni: per non dover incorrere in un sovraccarico degli impianti si consiglia il ribasamento delle selle edentule ogni 12 mesi.
Si ringrazia il Sig. Claudio Vittoni, Laboratorio Aurodental di Brescia, per l’esecuzione dell’elettro-erosione