Autore: Dott. Leonardo Targetti.
Questo case report, eseguito nel 2004, riguarda un paziente di sesso maschile di anni 55 che si era presentato alla nostra osservazione per un’edentulia in zona 14, con severo deficit osseo vestibolare dovuto a pregresso trattamento di apicectomia eseguito 12 anni prima a cui, dopo 11 anni, era seguita una mobilizzazione dell’elemento sempre più accentuata. Al momento dell’avulsione la zona presentava una perdita nella parete vestibolare di 9-10 mm.
La descrizione dell’intervento chirurgico e della finalizzazione protesica che riproponiamo è stata pubblicata nel 2005 nell’Exacone News Nr. 2.
Caso clinico da Exacone n.2
Nel febbraio 2004, a distanza di quattro mesi dall’estrazione, la situazione clinica si presentava con una marcata depressione a livello osseo vestibolare (Fig. 1). Per evidenziare bene la grave perdita ossea abbiamo eseguito un taglio da GBR e scollato un lembo a tutto spessore (Figg. 2-4). L’ottima altezza del processo mascellare ci ha permesso di eseguire un’osteotomia a circa 18 mm di profondità seguendo la direzione dell’alveolo con frese utilizzate a basso numero di giri, senza irrigazione, per recuperare bone chips di osso autologo (Fig. 5). Abbiamo inserito un impianto di 4,1 mm di diametro con una lunghezza di 14 mm ottenendo un’ottima stabilità primaria. L’impianto è stato posizionato circa 3 mm endocrestale per ridurre la porzione di impianto esposto a causa del profondo difetto osseo a livello della parete vestibolare (Figg. 6-8). Abbiamo forato una membrana di collagene riassorbibile bistrato in modo da poter stabilizzare la membrana con l’aiuto di un tappo di guarigione standard di 7 mm di altezza (Figg. 9-11). Il difetto osseo è stato riempito con un innesto composto da bone chips autologhi raccolti durante il fresaggio e granuli di sostituto osseo (Figg. 12, 13). Il lembo è stato chiuso con una sutura a punti staccati (Figg. 14, 15).
La prima visita di controllo è stata effettuata a distanza di 15 giorni per la rimozione dei punti (Figg. 16, 17), seguita da un ulteriore controllo a un mese. Dopo 6 mesi si è effettuata una radiografia endorale di controllo (Fig. 18). L’esame clinico mostrava un’ottima salute dei tessuti perimplantari e la presenza di una abbondante quantità di mucosa aderente intorno al tappo di guarigione (Figg. 19-21). Si è quindi proceduto alla finalizzazione protesica con una corona in metallo-ceramica su un moncone in titanio adeguatamente fresato (Figg. 22-24).
Follow Up a 4 anni
Il controllo clinico a 4 anni dalla consegna del lavoro protesico (Fig. 25) evidenzia il mantenimento dei livelli tissutali e dell’estetica.
Follow Up a 12 anni
A distanza di 12 anni, nel mese di maggio 2016, abbiamo potuto realizzare sia un controllo clinico che radiografico (Figg. 26, 27): il risultato si è mantenuto nel tempo e i tessuti sono sempre in perfetto stato di salute.
Il confronto tra le due radiografie, quella a 6 mesi dall’inserimento implantare e quella a 12 anni (Fig. 28), evidenzia che non si è verificata alcuna perdita ossea e rivela persino un aumento del volume osseo perimplantare nel tempo.
Il risultato clinico e il mantenimento del risultato nel tempo dipendono da molti fattori legati al paziente, alla situazione clinica di partenza, all’operatore e al sistema implantare.
Il successo della tecnica chirurgica utilizzata in questo caso, GBR con contestuale inserimento di un impianto in tecnica monofasica, è soprattutto merito dell’ottimo sigillo della connessione conometrica del tappo di guarigione del Sistema Implantare Leone che fornisce una barriera ermetica contro le infiltrazioni batteriche. Questa particolare caratteristica del tappo di guarigione Leone ci permette anche di posizionare l’impianto in posizione endocrestale, un’opzione molto utile in caso di profondi difetti perimplantari, dato che riduce la porzione di impianto esposto, aumentando così la predicibilità della rigenerazione ossea.
Per il mantenimento nel tempo del risultato ottenuto e l’aumento del volume osseo perimplantare negli anni è stata invece di primaria importanza la connessione conometrica autobloccante tra il moncone e l’impianto del Sistema Implantare Leone, la sua assoluta stabilità, il suo perfetto sigillo microbiologico e l’assenza di micro-movimenti. Caratteristiche che ci permettono di lasciare il moncone in situ, senza doverlo mai rimuovere, con indubbi benefici per la salute dei tessuti perimplantari, esattamente come se fosse un moncone di un dente naturale.
Realizzazioni protesiche: Laboratorio Picchi, Perugi e Santoni di Danilo Petroni & C. – Firenze