Autori:
Dr. Salvatore Belcastro
Odontoiatra
Dr. Alessio Natali
Odontoiatra
Dr. Marco Panarelli
Odontoiatra
Le agenesie dentarie rappresentano un importante ambito di applicazione della terapia implantare; rispetto al passato il loro trattamento multidisciplinare è stato radicalmente modificato dalla disponibilità di queste soluzioni chirurgico-protesiche.
Per agenesie dentarie si intendono tutte quelle alterazioni di numero (in minus) degli elementi dentari, sia decidui sia, più frequentemente, permanenti. Classicamente si distinguono, a seconda del numero di elementi coinvolti, in anodontia, oligontia ed ipodontia.
La prevalenza delle agenesie dentarie nella popolazione è importante anche se esistono stime molto discordanti, probabilmente dovute alla difformità di inclusione dei singoli casi all’interno di casistiche nosografiche ufficiali: ad esempio l’agenesia degli ottavi, che è sicuramente la più frequente, non sempre è conteggiata in queste statistiche.
Una classifica degli elementi dentari più frequentemente agenesici vede al primo posto i terzi molari, seguiti dal secondo premolare inferiore, dall’incisivo laterale superiore e dal secondo premolare superiore.
Da un punto di vista teorico la gestione terapeutica delle agenesie dentali, ed in particolare di quella degli incisivi laterali superiori, può essere effettuata con la chiusura degli spazi o con la sostituzione protesica degli elementi mancanti. I motivi che spingono verso una delle due decisioni sono molteplici, soprattutto di carattere ortodontico, e vanno dalla classe dentale e scheletrica, alla presenza o meno di affollamenti o diastemi, alla quota di overbite ed overjet presente, ecc.
La terapia implanto-protesica ha radicalmente cambiato l’approccio prognostico e terapeutico, aumentando in modo considerevole la quota di pazienti destinati alla sostituzione protesica degli elementi agenesici rispetto a quelli destinati alla chiusura degli spazi; ciò per due principali ordini di motivi:
- gli approcci ortodontici moderni tendono sempre meno al ricorso delle estrazioni dentali anche nei casi di affollamenti importanti, in virtù di meccaniche (low fricton) in grado di gestire tali situazioni; a questo si associa la tendenza estetica che preferisce “bocche piene di denti” rispetto ad arcate contratte derivanti da una gestione estrattiva. In quest’ottica anche la gestione delle agenesie viene sempre più spesso condotta tramite sostituzione degli elementi mancanti piuttosto che con la chiusura degli spazi.
- La terapia implanto-protesica, adeguatamente condotta, elimina gli svantaggi ed i limiti legati alle riabilitazioni protesiche convenzionali rappresentate da protesi fissa, ponti adesivi tipo Maryland Bridge e protesi rimovibile.
Elementi diagnostici e terapeutici
La gestione implanto-protesica delle agenesie degli incisivi laterali superiori rientra a pieno titolo nel capitolo dell’implanto-protesi in zona estetica. Il peso psicologico e sociale che tale anomalia può generare nei pazienti va attentamente valutato in fase diagnostica precoce; l’estetica nel settore frontale del mascellare superiore rappresenta infatti la più grande sfida per chi si occupa di implantologia osteointegrata.
Il raggiungimento predicibile di buoni risultati estetici, paragonabili a quelli della dentatura naturale sana, dipende da diversi fattori che possiamo schematicamente distinguere in:
- fattori diagnostico-prognostici;
- fattori chirurgici;
- fattori protesici.
Una attenta diagnosi, che tenga conto delle variabili anatomo-funzionali del sito edentulo e del paziente nel suo complesso, rappresenta il prerequisito indispensabile per una corretta pianificazione del trattamento e per evitare spiacevoli insuccessi dal punto di vista estetico. L’agenesia dei laterali superiori porta spesso alla carenza di substrato biologico necessario per il posizionamento implantare ed una buona integrazione tissutale degli elementi implanto-protesici.
I fattori diagnostici di cui bisogna tener conto sono:
- aspettative del paziente;
- spazio protesico;
- rapporti con l’arcata antagonista;
- quantità e qualità dell’osso disponibile ai fini implantari;
- biotipo parodontale e forma degli elementi dentali;
- stato restaurativo degli elementi dentali adiacenti;
- livello osseo degli elementi adiacenti;
- età del paziente.
Ognuna di queste variabili può condizionare pesantemente il risultato estetico finale. In particolare lo spazio protesico, correttamente valutato clinicamente anche con l’ausilio di una ceratura diagnostica, deve corrispondere a quello necessario agli elementi dentali da sostituire, pena l’ottenimento di risultati estetici inaccettabili.
Anche l’età del paziente, intesa come età biologica, è un importante parametro da considerare: è opinione comune di non inserire impianti nei pazienti in età evolutiva per le possibili interferenze che questi possono esercitare sulle strutture dento-alveolari limitrofe; inoltre gli impianti, non seguendo il normale percorso eruttivo degli elementi dentali, potrebbero trovarsi a distanza di tempo in una posizione troppo profonda nella compagine tissutale generando scadenti risultati estetici oltre che problemi di mantenimento.
La diagnosi sarà seguita dal corretto posizionamento implantare nelle tre dimensioni dello spazio seguendo le regole, oramai acquisite dalla letteratura scientifica e dalla pratica clinica internazionale, quali il rispetto della corticale vestibolare che tende inevitabilmente a riassorbirsi ed il giusto posizionamento verticale rispetto alla giunzione amelo-cementizia dei denti adiacenti. Si effettua dunque un posizionamento implantare guidato che tenga conto delle esigenze protesiche ed estetiche, sia nella variante classica o analogica che in quella moderna computer-assistita.
Case report
A dimostrazione di quanto finora discusso, illustriamo un caso clinico relativo alla sostituzione implanto-protesica di due incisivi laterali superiori agenesici in una paziente di sesso femminile di 18 anni (Fig. 1). L’esame clinico iniziale mette in evidenza una buona situazione dento-parodontale generale (Fig. 2); ottime l’igiene orale e la collaborazione da parte della paziente, fortemente motivata alla soluzione del problema.
Dopo una attenta valutazione del caso e la rilevazione di impronte per modelli di studio, si è deciso di svolgere l’intervento di posizionamento implantare mediante chirurgia guidata computer-assistita. La paziente ha eseguito un esame radiologico Cone Beam per lo studio dei volumi ossei ed i file Dicom (.dcm) sono stati inviati su CD al reparto 3D Leone, specializzato in tecnologie digitali volte alle applicazioni odontoiatriche. Qui i file sono stati analizzati ed elaborati, dopodiché è stato pianificato il posizionamento di due impianti Narrow Ø 2.9×12 mm nelle posizioni 1.2 e 2.2 mediante il software Leone 3Diagnosys sulla base della conformazione anatomica e delle nostre richieste protesiche (Figg. 3a-e).
Il progetto è stato tradotto nel modello Master 3D del mascellare superiore (Figg. 4a-b), realizzato con una stampante 3D per la prototipazione rapida in resina bicolore trasparente/bianca in rapporto 1:1, dove sono presenti degli impianti/analoghi nella posizione pianificata con micrometrica precisione. Il modello Master 3D rappresenta bene anche i tessuti molli e l’anatomia dentale dettagliata in quanto frutto del processo di overlapping eseguito da 3D Leone, cioè della “fusione” dei dati provenienti dalla radiologia 3D, dalla pianificazione eseguita con il software e dalla scansione ottica dei modelli.
Sul modello Master 3D il tecnico ha poi realizzato una mascherina o guida chirurgica fornita di due boccole in ultrapolimero in codice colore (Figg. 5a-c) che, con l’impiego di una sequenza di frese prestabilita in base al progetto, permettono la realizzazione dell’osteotomia con sicurezza e grande precisione.
In questo caso specifico, su nostra richiesta il tecnico ha anche inserito due monconi provvisori in PEEK negli impianti/analoghi e li ha preparati per accogliere due corone provvisorie in resina in previsione di un possibile carico immediato degli impianti (Figg. 6a-b). Il carico immediato rappresenta, a nostro avviso, un’opzione che va necessariamente valutata tramite la percezione clinica della stabilità primaria degli impianti al momento dell’inserimento.
Insieme al modello Master 3D ed alla guida chirurgica ci è stato recapitato anche tutto lo strumentario necessario per l’intervento (Fig. 7a) ed uno schema riportante la sequenza operativa per il posizionamento di ciascun impianto alla quota desiderata. L’organizer con gli strumenti chirurgici comprende (Fig. 7b):
- mucotomo con diametro 3,3 mm in codice colore verde;
- fresa pilota per chirurgia guidata (Ø 2,35 mm) da 14 mm per l’inserimento dell’impianto Narrow 2.9 L 12 mm in guidata;
- fresa ZERO1 per chirurgia guidata (Ø 2,8 mm) da 8 mm in codice colore verde, per realizzare il sito implantare;
- fresa svasatrice per chirurgia guidata (Ø 3,3 mm) da +2 mm in codice colore verde, da usare per evitare possibili interferenze dei componenti (protesici oppure carrier, ecc.) dell’impianto 2.9 con l’osso perimplantare;
- espulsore intraorale per boccole, per estrarre le boccole dalla guida chirurgica fissata in bocca grazie all’estremità a tre punte;
- stop/raccordo per frese per chirurgia guidata, per connettere le frese al contrangolo e per arrestare il fresaggio una volta che la fresa ha raggiunto la profondità pianificata.
Le altre componenti sono:
- due carrier per chirurgia guidata in codice colore, per posizionare gli impianti attraverso la guida chirurgica dopo aver rimosso la boccola corrispondente e con tre riferimenti visivi per arrestare l’inserimento dell’impianto alla quota corretta;
- un driver per chirurgia guidata in codice colore verde per connessione da 2,2 mm, per avvitare e svitare l’impianto (fino a 160 N∙cm di torque) quando il carrier non è sufficiente per trasmettere la forza applicata;
- un blocchetto per cambio carrier, utilizzato per sostituire il carrier premontato degli impianti (presente nella confezione) con il carrier per chirurgia guidata;
- un espulsore di boccole per chirurgia guidata, per estrarre le boccole dalla guida chirurgica e riposizionarle fuori dalla bocca del paziente.
Il giorno dell’intervento è stata effettuata anestesia plessica vestibolare in entrambi i siti (Figg. 8a-b) seguita dall’esecuzione di due lembi mediante incisioni crestali ed intrasulculari sugli elementi adiacenti (Fig. 9), in quanto abbiamo deciso in fase di pianificazione di non lavorare con tecnica flapless. Tale approccio, sempre possibile anche in chirurgia guidata, permette di evitare il sacrificio di gengiva aderente tipico della chirurgia flapless e, nel caso specifico, si imponeva anche per la necessità di estrarre il residuo radicolare del 6.2.
Dopo lo scollamento dei lembi a spessore totale è emerso il residuo radicolare del laterale deciduo di sinistra, che è stato estratto; seguiva la toilette chirurgica dello stesso sito (Figg. 10a-c).
A questo punto abbiamo posizionato la guida chirurgica in modo stabile grazie all’appoggio sugli altri denti dell’arcata (Fig. 11) ed utilizzato la fresa pilota in entrambi i siti attraverso le due boccole, aventi lo stesso diametro interno della fresa pilota (Figg. 12a-b).
Subito dopo abbiamo utilizzato la fresa ZERO1, caratterizzata da una punta tagliente senza eliche laterali per generare meno calore durante il fresaggio e consentire di evacuare l’osso in un solo passaggio: in questo caso la sequenza operativa prevede la rimozione della boccola con l’espulsore intraorale, il suo inserimento sul gambo della fresa, il riposizionamento dell’insieme boccola/fresa nella guida chirurgica ed infine il collegamento del manipolo contrangolo alla fresa mediante il raccordo con attacco esagonale. Ciò perché la boccola guida il passaggio della fresa ZERO1 lungo il gambo eliminando la necessità di riduttori, fino alla profondità stabilita dal progetto digitale (Figg. 13a-c).
I siti implantari sono dunque pronti: il primo impianto Narrow Ø 2.9×12 mm è stato prelevato dalla confezione mediante l’avvitatore manuale ed avvitato sul blocchetto nel primo foro, in quanto il diametro del corpo implantare è identico a quello dell’impianto Classix da 3,3 mm (Fig. 14a); poi il carrier premontato rivestito in biopolimero è stato rimosso e sostituito con il carrier dedicato per chirurgia guidata collegato all’avvitatore manuale (Fig. 14b). L’impianto è stato quindi svitato dal blocchetto e posizionato manualmente nel sito di sinistra (con boccola rimossa), finché la seconda tacca di riferimento marcata sul carrier ha raggiunto il livello della guida (Figg. 15a-b); per avere un controllo diretto della quota raggiunta dal collo dell’impianto abbiamo rimosso momentaneamente la guida chirurgica (Fig. 15c).
La stessa procedura è stata ripetuta per il secondo impianto Narrow Ø 2.9×12 mm da inserire nel sito di destra (Figg. 16a-b) ed il posizionamento è stato finalizzato mediante cricchetto (Fig. 16c).
Durante il posizionamento degli impianti abbiamo ritenuto che la stabilità primaria fosse sufficiente per eseguire la tecnica di carico immediato: abbiamo dunque inserito i monconi in PEEK preparati negli impianti (Fig. 17a) e provato su questi le due corone provvisorie in resina, con risultato funzionale ed estetico soddisfacente (Fig. 17b). Abbiamo dunque inconato i monconi negli impianti mediante il percussore con punta in PEEK (Figg. 18a-b) ed eseguito la cementazione delle corone sui monconi con cemento vetroionomerico a lembo aperto, così da poter rimuovere accuratamente ogni eccesso (Figg. 19a-b).
Infine i lembi sono stati suturati con punti staccati e le corone provvisorie sono state completamente scaricate dall’occlusione e svincolate dai movimenti eccentrici di protusione e lateralità (Fig. 20).
La visione d’insieme finale mostra un buon grado di integrazione estetica nel sorriso della paziente (Fig. 21), con sua grande soddisfazione per aver colmato quelle lacune mediante delle protesi fisse in una sola seduta.
Anche le radiografie endorali di controllo eseguite al termine dell’intervento confermano il corretto posizionamento degli impianti (Figg. 22a-b).
Il controllo clinico a due mesi dal posizionamento implantare mostra un completo ripristino dell’architettura gengivale (Fig. 23), grazie anche all’approccio chirurgico con lembo che ha consentito una migliore distribuzione della quota di gengiva aderente con compensazione delle depressioni vestibolari presenti prima dell’intervento.
La chirurgia guidata computer-assistita rappresenta una metodica di chirurgia implantare avanzata poiché richiede un attento controllo delle variabili in gioco in ogni fase. Tutti i passaggi, da quelli diagnostici preliminari, alla pianificazione computer-assistita, fino al posizionamento implantare, vanno eseguiti con particolare cura mantenendo attivi dei meccanismi di controllo al fine di evitare errori che possano tradursi in un insuccesso estetico o funzionale delle riabilitazioni protesiche a supporto implantare.
Realizzazioni protesiche: Laboratorio Odontoprotesico Monni & C., Perugia