Impianto XCN Narrow® 2.9 Leone: un “piccolo” impianto per “grandi” situazioni cliniche

Luglio, 2024
Exacone News 35

Dott. Cristian Negro
Odontoiatra, Lecce

Avere in studio l’impianto XCN® Narrow 2.9 Leone permette al clinico di risolvere riabilitazioni implantoprotesiche complesse che altrimenti avrebbero richiesto un’importante rigenerazione ossea (GBR).
La GBR permette la formazione di nuovo tessuto osseo in sedi in cui sono presenti difetti verticali (deficit di altezza) e/o difetti orizzontali (deficit di spessore) della cresta ossea residua che renderebbero impossibile l’inserimento di impianti dentali. Tuttavia, avere a disposizione un impianto “piccolo” nel diametro ma “grande” nelle performance
per le sue caratteristiche permette di risolvere situazioni cliniche complesse dove, in presenza di una cresta ossea sottile, l’alternativa sarebbe o rinunciare alla riabilitazione implantare o ricorrere alla GBR per
ricostruire il tessuto osseo mancante prima del posizionamento implantare, tecnica quest’ultima sicuramente più invasiva per il/la paziente.

Il caso clinico descritto in questo articolo è molto singolare, poiché il piano di trattamento iniziale proposto alla paziente consisteva in una riabilitazione mobile superiore virata successivamente in una riabilitazione fissa su impianti.
La paziente, di 68 anni, gode nel complesso di buona salute generale, non è mai stata portatrice di protesi dentali e a livello orale presenta diverse mancanze dentali e una grave parodontopatia generalizzata aggravata
da una scarsa motivazione all’igiene orale.
In prima visita viene effettuato un attento esame del cavo orale oltre ad una panoramica delle arcate dentarie, per valutare radiograficamente l’apparato dentale, lo stato di malattia parodontale e il tessuto osseo residuo
(Fig. 1). La paziente in sede di visita esprime la volontà di voler riabilitare solo la parte superiore, perché è quella che le causa maggiore disagio dal punto di vista estetico e relazionale (Fig. 2); pertanto si decide di
effettuare delle radiografie endorali mirate, per valutare la situazione parodontale degli elementi dentali anteriori superiori (Figg. 3a-c).

Vista la scarsa motivazione iniziale da parte della paziente ad affrontare un piano di trattamento generale, che includesse una riabilitazione completa sia superiore che inferiore, e visto il quadro parodontale particolarmente
compromesso, si decide di procedere all’estrazione degli elementi dentali superiori anteriori 12, 11, 21, 22 e 23 (Figg. 4a-c) e degli elementi dentali posteriori superiori 15 e 17 particolarmente mobili e/o compromessi, al fine
di realizzare, a guarigione avvenuta, una protesi scheletrata superiore con ganci estetici.

Data l’importante perdita di tessuto osseo in sede anteriore superiore, soprattutto in sede 23, si decide di colmare gli alveoli post-estrattivi con biomateriale eterologo e una membrana riassorbibile, a copertura e
protezione di quest’ultimo, con la sola volontà di mantenere in linea la cresta e non avere quindi dislivelli ossei e perdita della dimensione verticale.
Viene realizzata successivamente una protesi mobile provvisoria (Fig. 5), volutamente scartata per evitare di comprimere l’innesto osseo eterologo inserito in attesa della stabilizzazione dello stesso e della guarigione
della cresta ossea, prima di procedere alla realizzazione della protesi scheletrata superiore.

FIG. 5 – Foto clinica della protesi provvisoria inserita in bocca, volutamente scartata all’interno per non comprimere l’innesto osseo

La paziente dopo poche settimane dalla consegna della protesi provvisoria ritorna in studio lamentando l’impossibilità nel mangiare e nel parlare con una protesi mobile. Si spiega alla paziente che questo è un periodo di transizione con una protesi provvisoria poco confortevole, al quale seguirà la realizzazione di una protesi sicuramente più comoda e stabile, ma pur sempre da gestire a livello domiciliare.
Malgrado le nostre rassicurazioni la paziente non vuole più procedere come concordato con la finalizzazione del piano di trattamento mediante protesi mobile scheletrata ma chiede espressamente una riabilitazione fissa. Questo cambio di piano di trattamento da parte della paziente porta a prendere una decisione difficile: o rinunciare al piano di trattamento proposto inizialmente e terminare il rapporto con la paziente, o studiare un nuovo piano di trattamento fisso che soddisfi la stessa. In virtù di queste considerazioni, prima di decidere come e se procedere, è stato richiesto un esame tridimensionale (CBCT o più comunemente Cone Beam) del mascellare superiore, a distanza di 4 mesi dall’estrazione degli elementi dentali, per valutare tridimensionalmente la cresta ossea e, sulla base del risultato, decidere se ci sia o meno la possibilità di inserire impianti, data l’enorme perdita ossea riscontrata in fase di estrazioni dentali.

La Cone Beam della paziente evidenzia un ridotto spessore osseo a livello del settore anteriore superiore da 12 a 23, con una cresta ossea sottile che presenta un diametro pari a circa 3 mm (Figg. 6a-d).
Per venire incontro alla richiesta della paziente di una protesi fissa e senza effettuare interventi di rigenerazione ossea particolarmente invasivi, si decide di inserire n. 3 impianti XCN® Narrow 2.9 Leone di lunghezza 14
mm nella cresta ossea residua, rispettivamente in sede 12 – 21 e 23, effettuando contestualmente all’intervento di implantologia un piccolo innesto di biomateriale eterologo, a protezione della compagine ossea crestale, il tutto ricoperto da una membrana riassorbibile. La scelta di utilizzare l’impianto XCN® Narrow 2.9 Leone è stata dettata dal fatto che, pur trattandosi di un impianto “piccolo” nel diametro, esso presenta una connessione impianto-moncone “conometrica” (quindi senza vite di serraggio) che, insieme all’utilizzo di un moncone “pieno”, assicura una resistenza meccanica e una stabilità nel tempo ottimali.
Alla fine dell’intervento è stata effettuata una panoramica dentale di controllo per valutare la posizione degli impianti inseriti (Fig. 7).

A distanza di 5 mesi dall’intervento di implantologia vengono effettuate delle radiografie endorali nella sede degli impianti, per valutare il processo di osteointegrazione degli stessi (Figg. 8a-c); anche la situazione clinica si presenta assolutamente in salute, con un buon mantenimento dei tessuti molli (Fig. 9).
Viene programmata la scopertura degli impianti e l’inserimento dei tappi di guarigione, in questo caso tappi Standard 2.2 altezza 5 mm (Fig. 10), cercando di spostare e mantenere il più possibile la gengiva aderente
cheratinizzata intorno ai tappi e quindi agli impianti.

Successivamente si procede alla presa dell’impronta definitiva attraverso i transfer Standard 2.2 (Fig. 11).
Colata l’impronta, si inizia a lavorare sul modello in gesso (Figg. 12a-b) per la fase di realizzazione del lavoro definitivo, che consisterà in un ponte fisso in metallo ceramica di 5 elementi dentali da 12 a 23, supportato dai 3 impianti XCN® Narrow 2.9 Leone, inseriti rispettivamente in sede 12, 21 e 23.

Fresati i monconi Basic Standard 2.2 e valutati dapprima sul modello in gesso (Fig. 13) e successivamente in bocca alla paziente (Fig. 14), segue la prova della struttura metallica per valutare l’assenza di movimenti e la
perfetta passivazione della stessa sugli impianti; segue poi la prova ceramica per valutare il piano frontale, la linea del sorriso, il sostegno del labbro, l’occlusione, i punti di contatto e l’estetica. Il lavoro viene ultimato con la lucidatura della ceramica e cementato in bocca con un cemento provvisorio (Figg. 15a-d).
A distanza di 6 mesi dalla consegna del lavoro definitivo vengono effettuate delle radiografie endorali in corrispondenza degli impianti, per valutarne la salute ossea e la completa osteointegrazione (Figg. 16a-c).
Si precisa che per scelta del clinico, le chiusure delle corone sui monconi implantari vengono stabilite sempre
in base al tunnel gengivale e posizionate di regola a circa 1 mm, massimo 1,5 mm, dal margine gengivale libero, per permettere alla gengiva di avere i giusti spazi per maturare e stabilizzarsi nel tempo, senza essere compressa e per permettere inoltre una corretta ed efficace igiene sia in fase di cementazione da parte del clinico, sia a livello domiciliare da parte della paziente.

Nella nostra pratica clinica a volte ci troviamo di fronte a piani di trattamento proposti ai pazienti che poi in corso d’opera, per i più svariati motivi, siano essi clinici, estetici, funzionali o anche economici, vengono variati.
Pertanto siamo costretti a cambiare le carte in tavola a giochi già fatti e questo pone delle difficoltà nella realizzazione di un nuovo piano di trattamento. In questo caso in esame, avere a disposizione l’impianto XCN®
Narrow 2.9 Leone mi ha permesso di modificare, con massima tranquillità e senza effettuare interventi di rigenerazione ossea particolarmente invasivi, il piano di trattamento inizialmente proposto. Poter quindi contare
su un impianto “piccolo” nel diametro ma “grande” nelle performance, grazie alla connessione conometrica impianto-moncone e alla presenza di un moncone “pieno”, permette di risolvere situazioni cliniche particolarmente complesse, principalmente in presenza di creste sottili, assicurando alla riabilitazione implanto-protesica resistenza, stabilità ed estetica nel tempo, oltre al mantenimento dei tessuti molli intorno agli impianti.

Realizzazioni protesiche:
Odt. Giovanni Gaetani, Titolare del laboratorio Odontotecnico “Dental 2000” – Lecce

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