Autore:
Dott. Alessandro Di Crecchio, Dott. Andrea Di Crecchio
Liberi professionisti a Chieti
L’estetica, soprattutto quella dei settori frontali del mascellare superiore, è una sfida di non semplice risoluzione per chi si occupa di implantologia osteointegrata. Per poter raggiungere dei buoni risultati, paragonabili a quelli della dentatura naturale, bisogna tener presente diversi aspetti, non sempre facili da controllare. È infatti necessario considerare il grado d’igiene orale, fare un’approfondita valutazione clinica anatomica e funzionale del sito, nonché un’indagine radiologica e anamnestica per verificare che non vi siano infezioni attive, poiché potrebbero rappresentare una controindicazione all’implantologia immediata a causa dell’alto rischio d’infezione.
Verificate le suddette condizioni, bisogna procedere eseguendo un corretto posizionamento implantare, nonché un’adeguata riabilitazione protesica, la quale comprende sia la scelta dei materiali, sia la realizzazione del manufatto protesico. In un contesto così complesso e articolato, la connessione conometrica ci viene in aiuto: infatti, grazie alle sue peculiarità , permette la conservazione a lungo termine dell’altezza ossea marginale e quindi anche dei tessuti molli, facilitando il mantenimento nel tempo dei risultati estetici ottenuti.
Giunge alla nostra attenzione un paziente di sesso maschile, di 39 anni. All’esame obiettivo presenta una profonda ed estesa lesione cariosa a carico del 1.2 (Figg. 1, 2). All’anamnesi e all’esame obiettivo non risultano segni e sintomi indicativi di un processo infiammatorio acuto in atto; all’OPT si evidenzia la presenza di una lesione radiotrasparente periapicale (Fig. 3).
Vista la pessima condizione dell’elemento dentario, le buone condizioni dei tessuti molli, la presenza di una buona quantità di osso basale residuo e l’assenza di processi infiammatori acuti in atto, si opta per l’estrazione e l’inserimento di un impianto post-estrattivo.
Viene eseguito un piccolo lembo mediante incisione intrasulculare con minimo scollamento fino ad evidenziare il bordo crestale dell’alveolo, quindi si esegue l’estrazione del 1.2 con tecnica atraumatica e rispettando al massimo i tessuti molli (Figg. 4, 5).
Si procede poi con cura alla rimozione di tutto il tessuto di granulazione residuo utilizzando dei cucchiai alveolari. Attraverso la cavità alveolare si controlla l’integrità delle pareti ossee, quindi si disinfetta l’alveolo lasciando in situ una soluzione iodata (Betadine) per 3-4 minuti e facendo poi dei lavaggi (Figg. 6, 7).
Ultimata la preparazione del sito implantare mediante l’utilizzo di frese e di osteotomi, si inserisce un impianto Exacone Max Stability di diametro 4,5 e lunghezza 12 mm; il gap con la corticale vestibolare viene colmato con delle spugnette di collagene (Figg. 8-10).
L’ottima stabilità primaria raggiunta consente il successivo carico immediato, pertanto si opta per la realizzazione di un provvisorio con un moncone temporaneo in peek, angolato a 15°.
Il moncone temporaneo viene tagliato alla giusta altezza e si eseguono delle scanalature ritentive. Viene scelto il dente del commercio più idoneo per forma e colore, poi viene preparato e ribasato direttamente in bocca sul moncone temporaneo, con resina a freddo autopolimerizzante. Ciò consente il posizionamento di un provvisorio senza l’utilizzo del cemento e di creare il corretto profilo d’emergenza che garantisce il giusto sostegno dei tessuti molli evitandone il collasso (Fig. 11). Ultimato il provvisorio si controlla che non ci siano contatti occlusali sia in massima intercuspidazione, sia nei movimenti di protrusione e lateralità .
Si può infine attivare la connessione conometrica ed eseguire una sutura a punti staccati (Fig. 12).
Inizialmente il paziente viene controllato ogni due o tre giorni; a otto giorni si procede alla rimozione delle suture e si controllano i tessuti molli. Si esegue la fotografia di controllo per le valutazioni successive a quindici giorni (Fig. 13).
Il paziente successivamente viene visitato periodicamente a distanza di venti giorni per valutare lo stato dei tessuti molli e dell’igiene orale. Al controllo effettuato a tre mesi e mezzo dall’intervento, valutati i buoni risultati ottenuti con i tessuti molli, si decide di non modificare il provvisorio per eventuali condizionamenti (Fig. 14).
Trascorsi circa cinque mesi si effettua il controllo clinico e radiologico (Figg. 15, 16) e si procede con l’impronta per il definitivo.
Tolto il provvisorio si apprezza la forma ovoidale del tessuto del canale mucoso (Fig. 17). Tale tessuto, per via della disposizione delle fibre connettivali, tende a collassare una volta rimosso il provvisorio, pertanto si rende necessario prendere l’impronta con un transfer personalizzato, in modo da riprodurre la forma ovoidale del canale mucoso.
Viene rimosso il provvisorio e posizionato il transfer sul quale è stato applicato in precedenza il primer; nello spazio che rimane viene inserito del composito flow e lo si fotopolimerizza (Figg. 18-20). Successivamente si rimuove il transfer così modificato e si riposiziona il provvisorio per ridare la giusta dimensione al tunnel mucoso, ripetendo se necessario la stessa operazione più volte fino a colmare tutto lo spazio vuoto.
Una volta ottenuta la forma del profilo di emergenza (Fig. 21) (parte alta del tunnel transmucoso), si provvede a dare alla parte sottostante la forma ovoidale sempre con il composito flow (Figg. 22, 23).
Ultimato il processo, rimuoviamo il provvisorio che era stato reinserito per mantenere lo spazio e posizioniamo il transfer così personalizzato, controllando che sia stato inserito correttamente nell’impianto e che l’ischemia che si crea sia transitoria, cioè scompaia dopo cinque o dieci minuti al massimo (Fig. 24). Se ciò si verifica, i profili sono compatibili con la vascolarizzazione dei tessuti perimplantari, altrimenti è necessario eliminare del materiale dove questo crea maggior compressione sui tessuti molli e bisogna ripetere la prova.
Verificata la corretta personalizzazione del transfer è possibile prendere l’impronta a strappo (Figg. 25, 26).
Dopo cinque mesi dall’intervento il paziente viene riabilitato con la corona definitiva (Figg. 27-29).