Autori: Dr. Nicola Lucchiari, Dr. Luigi Lucchiari
L’implantologia moderna, grazie anche alla crescente presenza delle tecnologie digitali, si sta orientando sempre di più sulla pianificazione dei trattamenti per l’ottenimento di risultati funzionali ed estetici predicibili, mediante l’utilizzo di diverse tecniche.
Il raggiungimento di tali risultati rappresenta il punto di arrivo di un percorso che inizia con la formulazione di una corretta diagnosi e di un piano di trattamento. In questo percorso il clinico, dopo la raccolta e l’elaborazione delle informazioni ottenute mediante esame obiettivo ed indagini strumentali, identifica la soluzione riabilitativa migliore per il paziente.[1,2]
Risulta quindi evidente che le informazioni ottenute in questa fase iniziale rappresentano la base per una corretta riabilitazione implanto-protesica.
E’ fondamentale che il clinico abbia il maggior numero di informazioni riguardo la morfologia ossea dei possibili siti implantari del paziente, ma in letteratura non vi è chiarezza riguardo gli esami radiologici da utilizzare.[3]
Lo scopo del presente lavoro è quello di analizzare brevemente, in modo narrativo, le eventuali linee guida sull’utilizzo della Cone Beam Computed Tomography (CBCT) in implantologia presenti in letteratura.
Gli Autori del presente lavoro hanno deciso di non considerare la Tomografia Computerizzata convenzionale (CT) in quanto presenta un rischio biologico per il paziente decisamente superiore rispetto alla CBCT (Dose efficace CBCT = 0,019-0,674 mSv; Dose Efficace CT = 0,280-1,410 mSv), come mostrato in Tabella 1.[4,5]
La Cone Beam Computed Tomography è un esame che ci permette di ottenere immagini tridimensionali (cross-sectional) delle strutture ossee del paziente (Fig. 1), fornendo informazioni riguardanti il volume osseo residuo e superando quindi i limiti diagnostici delle indagini bidimensionali come Ortopantomografia (OPT) ed Rx Intraorale (RxIO).[6,7]
Inoltre, secondo Hu et al. (2012), le misurazioni ottenute mediante CBCT sono più accurate rispetto a quelle ottenute mediante Ortopantomografia e, a differenza delle indagini bidimensionali, l’accuratezza della scansione è indipendente dal posizionamento dell’oggetto, come dimostrato da Tomasi et al. (2011).[8,9] Di contro il rischio biologico per il paziente è maggiore in quanto la dose efficace di radiazioni somministrata risulta essere più elevata rispetto alle indagini bidimensionali (Dose Efficace RxIO <0,002 mSv; Dose Efficace OPT = 0,003-0,024 mSv; Dose Efficace CBCT = 0,019-0,674 mSv), come mostrato in Tabella 1.[4]
Quindi quando richiedere questo tipo di indagine? In letteratura si trovano pareri discordanti.
Molti autori ritengono che si debba ricorrere alle immagini cross-sectional solo in alcuni casi selezionati, senza però specificare i criteri di selezione che il clinico deve applicare nella decisione;[4,10,11] altri invece affermano che l’OPT e le RxIO forniscono poche informazioni per il corretto posizionamento degli impianti a causa dell’assenza della dimensione bucco-linguale e che quindi devono essere utilizzate solo per identificare i possibili siti implantologici da analizzare successivamente mediante l’utilizzo di immagini cross-sectional.[6,8,12,13]
L’European Association for Osseointegration (E.A.O.) nel 2011 elabora le linee guida sull’imaging diagnostico in implantologia mantenendo sostanzialmente invariata la posizione già espressa nelle precedenti linee guida elaborate nel 2002, con la differenza che nelle linee guida del 2002 non viene menzionata la CBCT.
Nelle linee guida del 2011 si evidenzia come la tomografia rappresenti l’unica indagine per ottenere una stima affidabile dell’ampiezza ossea e che sia da preferire l’utilizzo della CBCT rispetto alla CT convenzionale per la minor dose efficace di radiazioni somministrata al paziente.
A fronte di queste considerazioni viene sottolineato che se l’esame obiettivo e le indagini radiografiche convenzionali (OPT ed eventualmente RxIO) mostrano sufficiente quantità di osso per il posizionamento dell’impianto ed identificano bene le strutture anatomiche ed eventuali difetti ossei, non vi sia la necessità di ricorrere ad ulteriori indagini radiologiche.
Viene però specificato che l’utilizzo delle immagini cross-sectional può risultare utile per l’ottimizzazione degli aspetti biomeccanici, estetici e funzionali nel posizionamento di un impianto e che le informazioni diagnostiche possono essere migliorate mediante l’utilizzo dell’indagine tridimensionale in associazione a templates radiografici, pianificazione computer assistita e guide chirurgiche. Viene inoltre sottolineato che l’utilizzo dell’indagine tridimensionale può essere d’aiuto nel planning del trattamento e nel miglioramento della predicibilità del risultato protesico.[1,4]
Nel 2012 l’American Academy of Oral and Maxillofacial Radiology (A.A.O.M.R.) prende una posizione più netta rispetto a quella dell’E.A.O., pubblicando un “Position Paper” sui criteri di utilizzo della CBCT in implantologia e ribadendo in modo sostanziale quanto già espresso in un report del 2001.
Nel lavoro del 2012 viene specificato in modo esplicito di:
– utilizzare l’Ortopantomografia come indagine di scelta nella valutazione iniziale del paziente implanto-protesico (Recommendation 1);
– utilizzare Rx intraorali periapicali per implementare le informazioni preliminari ottenute mediante Ortopantomografia (Recommendation 2);
– non utilizzare immagini cross-sectional (CBCT inclusa) come indagine iniziale del paziente implanto-protesico (Recommendation 3);
– utilizzare immagini cross-sectional per esaminare ogni potenziale sito implantare, in particolare utilizzare immagini ottenute tramite CBCT in quanto la CT convenzionale è sensibile alla tecnica di esecuzione, produce immagini più difficili da interpretare e sottopone il paziente ad una dose più elevata di radiazioni ionizzanti rispetto alla CBCT (Recommendation 4);
– utilizzare la CBCT come indagine di scelta per l’analisi preoperatoria dei potenziali siti implantari (Recommendation 5).[13,14]
Nell’utilizzo delle immagini cross-sectional nelle fasi post-chirurgiche e di follow-up E.A.O. e A.A.O.M.R. sono sostanzialmente concordi nell’affermare che non si debba mai ricorrere a tali indagini per il follow-up di impianti asintomatici e che nelle fasi post-chirurgiche il ricorso ad immagini cross-sectional debba essere riservato solo ai casi che presentano determinate complicanze (nella Recommendation 9 della Position Paper dell’A.A.O.M.R. viene raccomandato l’utilizzo della CBCT e vengono identificate come complicanze che impongono l’utilizzo della CBCT la mobilità dell’impianto e sintomi di alterazioni sensoriali).[4,14]
Nel 2015 l’E.A.O. pubblica il Report del congresso scientifico annuale ribadendo la carenza di linee guida in letteratura per un corretto utilizzo della CBCT in implantologia e cambiando l’approccio decisionale che il clinico dovrebbe utilizzare rispetto a quello proposto nel 2011. In questo report, infatti, al posto di una descrizione generica delle situazioni cliniche in cui utilizzare le immagini cross-sectional vengono posti dei quesiti clinici “rilevanti”, dalla cui risposta dipenderà la scelta da parte del clinico se ricorrere o meno all’utilizzo di indagini tridimensionali (ovviamente nel lavoro non sono state date le risposte a tali quesiti). Il report pone quesiti clinici a seconda della regione anatomica potenzialmente interessata (mascellare superiore regione anteriore e posteriore, mandibola regione anteriore e posteriore) il primo dei quali, comune a tutte le regioni anatomiche considerate, è “Is correct 3-dimensional (3D) implant positioning possible?”.[15]
L’opinione degli Autori del presente lavoro è che per posizionare correttamente un impianto nelle tre dimensioni dello spazio debbano essere note non solo le tre dimensioni ma anche le condizioni del potenziale sito implantare; quindi in accordo con quanto affermato dagli studi dell’ A.A.O.M.R. e in un lavoro del 2012 di uno degli Autori, è indubbio che l’unico modo per ottenere queste informazioni in fase di pianificazione sia ricorrere all’utilizzo della CBCT, possibilmente in associazione a template radiografico con reperi radiopachi ottenuti mediante ceratura diagnostica per una pianificazione “protesicamente guidata” del caso (Figg. 2-5).
Gli Autori ritengono inoltre che sia necessario l’utilizzo della CBCT nella pianificazione del caso implanto-protesico per evitare che la gestione delle eventuali complicanze possa essere considerata dal punto di vista medico-legale frutto di negligenza da parte del clinico, come sottolineato in uno studio del 2009 di Wheeler e Bollinger che parla di “legal standard of care in dental implants” in cui si enfatizza l’importanza di una corretta formazione dello specialista e di una corretta selezione e programmazione del caso.[16]
Gli Autori quindi ritengono di poter concludere affermando che il ricorso alla CBCT nelle fasi post-implantologiche debba essere limitato a quei casi in cui si verifichino complicanze importanti e che si debba sempre ricorrere all’utilizzo della CBCT nella pianificazione del caso implanto-protesico.
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