Autori: Dr. Salvatore Belcastro, Dr. Leonardo Palazzo, Dr. Mario Guerra
Introduzione
Le agenesie dentarie sono un importante ambito di applicazione della terapia implantare, ed il loro trattamento multidisciplinare è stato radicalmente modificato dalla disponibilità di queste soluzioni chirurgico-protesiche.
Per agenesie dentarie si intendono tutte quelle alterazioni di numero (in minus) degli elementi dentari, che possono colpire tanto gli elementi decidui, quanto, più frequentemente, gli elementi permanenti. Classicamente si distinguono, a seconda del numero di elementi coinvolti, in anodontia, oligontia ed ipodontia.
La prevalenza delle agenesie dentarie nella popolazione è importante anche se esistono stime molto discordanti, probabilmente conseguenti alla difformità di inclusione dei singoli casi all’interno di casistiche nosografiche ufficiali: ad esempio l’agenesia degli ottavi, che rappresenta sicuramente la più frequente agenesia dentaria, non sempre è conteggiata in queste statistiche. Studi epidemiologici riferiscono dunque di prevalenze variabili tra 0,7% e 9,6%, con una prevalenza in Italia del 4,5%, secondo un’indagine condotta da Garattini nel 1988: stiamo dunque parlando di numeri importanti e di rilevanza clinica perché, come vedremo più avanti, spesso compromettono l’estetica del sorriso oltre che la funzione masticatoria nelle forme più gravi.
Una classifica degli elementi dentari più frequentemente coinvolti nelle agenesie dentarie vede al primo posto i terzi molari, seguiti dal secondo premolare inferiore, dall’incisivo laterale superiore, e dal secondo premolare superiore.
Da un punto di vista teorico la gestione delle agenesie dentali, ed in particolare di quella degli incisivi laterali superiori, può essere effettuata con la chiusura degli spazi o con la sostituzione protesica degli elementi dentali mancanti. I motivi che spingono verso una delle due decisioni terapeutiche sono molteplici, in particolare di carattere ortodontico, e vanno dalla classe dentale e scheletrica, alla presenza o meno di affollamenti o diastemi, alla quota di overbite ed overjet presente ecc. La terapia implanto-protesica, come già accennato all’inizio di questa discussione, ha radicalmente cambiato l’approccio diagnostico aumentando, in modo considerevole, la quota di pazienti destinati alla sostituzione protesica degli elementi dentali agenesici a dispetto di quella destinata alla chiusura degli spazi; ciò per due principali ordini di motivi.
Da un lato gli approcci ortodontici moderni tendono sempre meno al ricorso delle estrazioni dentali anche nei casi di affollamenti importanti, in virtù di meccaniche (low friction) in grado di gestire agevolmente tali situazioni; a questo si associa la moderna tendenza estetica che preferisce “bocche piene di denti” piuttosto che arcate contratte derivanti da una gestione estrattiva. In quest’ottica anche la gestione delle agenesie viene sempre più spesso condotta tramite sostituzione degli elementi mancanti piuttosto che con la chiusura degli spazi.
L’altro importante motivo, che spinge sempre più i clinici verso una soluzione sostitutiva delle agenesie dentali, è rappresentato dal fatto che la terapia implanto-protesica annulla gli svantaggi legati alle riabilitazioni protesiche convenzionali. Le alternative terapeutiche erano in passato rappresentate da tre tipi di riabilitazioni: la protesi fissa convenzionale, i ponti adesivi tipo Maryland Bridge e la protesi rimovibile.
La protesi fissa convenzionale, classicamente estesa da canino a canino, comportava una inaccettabile mutilazione degli elementi pilastro (canini ed incisivi centrali) che da elementi dentali in genere perfettamente sani venivano trasformati in monconi, spesso sottoposti anche a terapia canalare, con possibili conseguenze negative per tutta la vita del paziente.
I ponti adesivi tipo Maryland Bridge, a causa delle frequenti decementazioni, rappresentano in realtà delle soluzioni protesiche temporanee o semi-temporanee.
Allo stesso modo anche le riabilitazioni protesiche di tipo rimovibile possono essere considerate solo come riabilitazioni provvisorie; al giorno d’oggi, nessun ragazzo o ragazza, affetto da agenesia degli incisivi laterali superiori, è disposto a portare a vita una protesi rimovibile.
Il campo dunque si restringe automaticamente alle riabilitazioni implanto-protesiche; è proprio su questo tipo di approccio che cercheremo di evidenziare alcune considerazioni di carattere diagnostico e terapeutico.
Elementi diagnostici e terapeutici
La gestione implanto-protesica delle agenesie degli incisivi laterali superiori rientra a pieno titolo nell’importante capitolo dell’implanto-protesi in zona estetica. Il peso estetico e conseguentemente psicologico e sociale che tale tipo di anomalia può generare nei pazienti va adeguatamente valutato in fase diagnostica precoce per evitare di incorrere in insuccessi terapeutici talvolta irreparabili.
L’estetica nei settori frontali del mascellare superiore rappresenta infatti la più grande sfida per chi si occupa di implantologia osteointegrata.
Il raggiungimento predicibile di buoni risultati estetici, paragonabili a quelli della dentatura naturale sana, dipende da diversi fattori, non sempre facili da controllare; potremmo schematicamente distinguere tre gruppi di fattori, quelli diagnostico-prognostici, quelli chirurgici ed infine quelli protesici.
Una adeguata diagnosi, che tenga conto delle variabili anatomo-funzionali del sito edentulo e del paziente nel suo complesso, rappresenta il prerequisito indispensabile per una corretta pianificazione del trattamento e per evitare spiacevoli fallimenti dal punto di vista estetico.
Nei casi di agenesia degli incisivi laterali superiori, la mancanza di matrice funzionale nei siti agenesici porta spesso alla carenza di substrato biologico necessario per il posizionamento implantare e per una buona integrazione tissutale degli elementi implanto-protesici.
I fattori diagnostici di cui bisogna tener conto in fase riabilitativa sono i seguenti:
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- aspettative del paziente
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- spazio protesico
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- rapporti con l’arcata antagonista
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- quantità e qualità dell’osso disponibile ai fini implantari
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- biotipo parodontale e forma degli elementi dentali
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- stato restaurativo degli elementi dentali adiacenti
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- livello osseo degli elementi adiacenti
- età del paziente
Nei casi di insufficienza del substrato biologico, non rari nelle situazioni di agenesia, è imperativo ricorrere ad interventi rigenerativo-ricostruttivi che in alcuni casi devono precedere il posizionamento implantare. In tale contesto si inseriscono gli innesti ossei per apposizione e gli innesti connettivali. È in genere a livello del versante vestibolare che possono venire a crearsi situazioni di concavità che in qualche modo interferiscono negativamente sul risultato estetico.
L’età del paziente, intesa come età biologica, rappresenta infine un importante parametro da prendere in considerazione prima di procedere al posizionamento implantare. Senza addentrarci nei dettagli di tale aspetto, è opinione comune quella di non inserire impianti nei pazienti in età evolutiva, per le possibili interferenze che gli stessi possono esercitare a livello delle strutture dento-alveolari limitrofe e per il fatto che gli impianti, non seguendo il percorso eruttivo normalmente seguito dagli elementi dentali, potrebbero, a distanza di tempo, trovarsi in una posizione troppo profonda nella compagine tissutale generando scadenti risultati estetici oltre che problematiche di mantenimento.
L’accurata diagnosi sarà seguita dal corretto posizionamento implantare nelle tre dimensioni dello spazio che tenga conto delle regole, oramai acquisite dalla letteratura scientifica e dalla pratica clinica internazionale, quali il rispetto della corticale vestibolare, che tende inevitabilmente a riassorbirsi, ed il giusto posizionamento verticale rispetto alla giunzione amelo-cementizia dei denti adiacenti. Si effettua dunque un posizionamento implantare guidato, che tenga conto delle esigenze protesiche ed estetiche, sia nella variante classica o analogica che in quella moderna computer-assistita; allo stesso modo il posizionamento post-estrattivo immediato flapless ed il carico immediato, se le condizioni lo permettono, sono tutte procedure che più facilmente consentono il raggiungimento di eccellenti risultati estetici.
Il carico immediato, in particolare se applicato in situazioni post-estrattive immediate, (come avviene nei casi di agenesia qualora siano presenti gli elementi decidui), consente un mantenimento dei tessuti molli peri-implantari e dell’architettura gengivale difficilmente raggiungibile con l’approccio differito. Si viene a realizzare una guarigione gengivale protesicamente guidata intorno ai manufatti provvisori che consente di ottenere una elevata predicibilità dei risultati dal punto di vista estetico al momento della consegna dei manufatti definitivi.
Le procedure protesiche infine rappresentano il giusto corollario al lavoro svolto nelle precedenti fasi e consentono, tramite l’utilizzo delle giuste tecniche e dei giusti materiali, il completamento del caso. L’utilizzo di materiali ad alta valenza estetica quali la zirconia o le ceramiche integrali (disilicato di litio in particolare) può ulteriormente migliorare i risultati purché non si affidi a questi ultimi, come purtroppo spesso succede, l’ingrato ed impossibile compito di realizzare il “miracolo estetico” avendo trascurato le già citate fasi diagnostiche e chirurgiche.
Nel caso di agenesie nei settori posteriori, quali quelle dei secondi premolari, problematiche aggiuntive possono essere rappresentate dalle carenze quali-quantitative dell’osso disponibile; in particolare è frequente riscontrare un deficit osseo verticale legato alla presenza del seno mascellare superiormente e del forame mentoniero o del canale alveolare inferiormente.
Case report
Tutto ciò di cui si è finora discusso può essere riassunto nel caso clinico esemplificativo di seguito riportato.
Si tratta della sostituzione implanto-protesica di diversi elementi dentali agenesici in un paziente di sesso maschile di 18 anni. Gli elementi agenesici erano complessivamente 10 (13-12-22-23-25-35-32-31-41-45).
Il trattamento implanto-protesico veniva preceduto da preparazione ortodontica per una adeguata ridistribuzione degli spazi protesici (Figg.1-4).
La terapia implantare procedeva per step successivi a distanza di un anno l’uno dall’altro.
Nel 2009 abbiamo trattato il settore frontale superiore ed inferiore con posizionamento di 6 impianti (tutti 3,3×10) nelle zone 13-12-22-23-31-32 (Figg. 5-8).
A livello degli incisivi inferiori si è optato per il posizionamento di soli due impianti, a fronte dei tre elementi dentali mancanti, per la sostituzione di due incisivi; tale decisione veniva imposta dalla carenza di spazio. Tale trattamento veniva concluso protesicamente, secondo le consuete procedure, 4 mesi dopo, con la consegna dei manufatti in metallo-ceramica (Figg. 9-17).
Attualmente una situazione clinica analoga sarebbe stata sicuramente gestita ricorrendo a materiali diversi (zirconia o disilicato di litio) con procedure produttive CAD-CAM.
A distanza di circa un anno si procedeva al posizionamento implantare nelle zone 25-35-45; tutte le sedi erano caratterizzate da uno scarso volume osseo in senso verticale. A livello del 25 il posizionamento implantare (4,1×10) veniva preceduto da grande rialzo del seno mascellare (Figg. 18-19); nelle zone 35 e 45 si optava per il posizionamento di due impianti short (Figg. 20-26).
A distanza di 4 mesi si procedeva alla consegna dei manufatti protesici anche in queste ultime zone (Figg. 27-38).
Il controllo clinico e radiologico effettuato nel mese di luglio 2017 (con follow-up di 8 anni nel settore frontale e di 7 anni nei settori posteriori) mostra un ottimo mantenimento estetico, un ottimo grado di salute dei tessuti molli peri-implantari, il tutto sostenuto, come può evidenziarsi dalla radiografia ortopanoramica, da un eccellente mantenimento dei livelli ossei crestali (Figg. 39-46).
Realizzazioni protesiche: Laboratorio Wilocs – Roma