Autore: Dott. Alberto Frezzato.
La diffusione dell’implantologia ha portato nel tempo ad estendere l’indicazione implantare anche e, sempre più, a siti non ideali caratterizzati da atrofie piuttosto severe. Negli ultimi anni si sono sviluppati altresì concetti di minor invasività, raggruppati sotto la denominazione di chirurgia minimamente invasiva (Minimally Invasive Surgery=M.I.S.), che mirano a ridurre l’impatto al paziente.
In tale ottica può rientrare l’impiego di impianti corti, che permettono di riabilitare implanto-protesicamente siti di ridotta altezza, senza dover ricorrere a metodiche di accrescimento verticale (Sinus Lift e/o rigenerativa ossea-GBR) che risultano di maggiore disagio per il paziente, richiedono tempi maggiori di trattamento e non sempre offrono una sicura predicibilità di risultato.
La diffusione di impianti corti ha portato anche alla formulazione di alcuni quesiti, tra cui: fino a quanto può essere corto un impianto? E, ancora, quanto carico può sopportare un impianto corto? I principi di biomeccanica della protesi su elementi naturali possono essere trasferiti alla protesi su impianti? ecc.
Per quanto riguarda l’impianto corto Exacone® 6.5 possiamo affermare che poiché la connessione interna conserva le stesse dimensioni di quella dell’impianto Exacone® diametro 4.1 mm (in particolare la profondità dell’accoppiamento conico di quasi 4 mm) si ha garanzia della resistenza ai carichi masticatori e dell’assenza di complicanze protesiche poiché queste sono state documentate negli anni da test statici e a fatica effettuati dall’Università di Ingegneria di Firenze1-2 e da studi clinici basati sull’esperienza di quasi 10 anni di utilizzo in bocca.3-8
Il sistema implantare Exacone® permette di preservare osso crestale periimplantare, diversamente da quanto avviene in sistemi a connessione con vite che comportano di norma un riassorbimento di circa 1,5 mm già dal primo anno dalla protesizzazione.
Di fatto un impianto tradizionale con connessione avvitata di 8 mm di lunghezza, che presenti un riassorbimento cervicale di 1,5 mm, ha una inserzione ossea di 6,5 mm, analogamente a quanto avviene in un impianto a connessione conometrica di 6,5 mm di lunghezza che non presenti riassorbimento.
Inoltre gli impianti corti Exacone®, dotati di spire di maggiore estensione rispetto agli Exacone® standard, presentano una superficie quasi equivalente a quella di un impianto Exacone® standard 4,1×8 mm. Presumibilmente potrà essere analogo per entrambi il BIC (Bone Implant Contact), ammesso che tale caratteristica abbia valore al fine dell’ottenimento e del mantenimento dell’osteointegrazione.
Qui di seguito si illustrano due case report relativi all’utilizzo agli impianti corti Exacone® nelle due arcate.
Il primo case report concerne un paziente di sesso maschile di anni 68, in buone condizioni di salute, che necessita di riabilitazione al quarto quadrante per edentulia distale dopo estrazione per frattura di pilastro protesico distale (fig. 1). Le radiografie mostrano la sella edentula e la presenza di impianti corti sommersi, secondo protocollo bi-fasico, in sede 46 e 47 (fig. 2).
A distanza di due mesi si procede al rientro chirurgico, con rimozione dei tappi di chiusura di biopolimero e connessione dei tappi di guarigione. I tappi di guarigione nel sistema Exacone®, analogamente ai monconi, sono dotati di “platform switching” e quindi il tratto di emergenza del moncone dall’impianto ha un diametro minore rispetto all’impianto (fig. 3). Il condizionamento gengivale riesce così a formare un manicotto mucoso di protezione per l’osso sottostante (fig. 4).
A guarigione avvenuta, si procede alla protesizzazione mediante connessione di due monconi preparati in laboratorio per fresaggio. Dopo aver inserito i monconi e attivata la connessione (fig. 5), questi non vengono più rimossi e attorno ad essi si completa la maturazione tissutale che si concretizza in quella che viene definita ampiezza o spazio biologico.
Sui due monconi si cementano due corone singole oro-ceramica (figg. 6-7).
L’immagine della protesi finita mostra un’armonia tra tessuti molli e struttura protesica (fig. 7).
La radiografia di controllo mostra il corretto fitting protesico ed il livello dell’osso crestale (fig. 8).
Caso 1
Caso 2
Il secondo case report tratta di impianto post-estrattivo immediato in sede 25. Si riportano le varie fasi procedurali dall’esame clinico, all’estrazione, all’inserimento dell’impianto, alla protesizzazione. Trattasi di paziente di sesso femminile di anni 52, in buone condizioni di salute, presentatasi alla nostra osservazione per frattura di elemento dentario 25.
In altra epoca la paziente sarebbe stata trattata mediante ponte a tre elementi su pilastri naturali.
In epoca attuale appare logica la scelta implantare: il biotipo parodontale spesso, un’adeguata distanza interdentale, un adeguato spessore vestibolo-palatale sono elementi favorevoli ad un inserimento implantare a buona predicibilità di risultato. La radiografia endorale permette di osservare una buona trabecolatura ossea. L’altezza del sito appare però insufficiente all’inserimento di un impianto di lunghezza standard di 10 mm, a patto di non attuare procedure di ampliamento verticale del sito (mini lift). Si decide di adottare principi di minima invasività: estrazione atraumatica, non apertura di lembo, impianto corto, connessione immediata del tappo di guarigione (tecnica monofasica).
Le immagini illustrano la sequenza delle varie fasi: in particolare la valutazione dell’alveolo post-estrattivo (figg. 1-3), il posizionamento tri-dimensionale dell’impianto (figg. 4-7, 10), bioinnesto con materiale sintetico al 100% MBCP+ dimensione dei granuli 0,5-1 mm (fig. 8) a riempimento degli spazi periimplantari necessariamente presenti a causa del sito post-estrattivo, la copertura del sito chirurgico con una spugna di collagene (fig. 9), la maturazione dei tessuti molli (figg. 11, 12), la presa d’impronta (fig. 13), la connessione del moncone implantare con prova della cappetta (figg. 14-16), la consegna della corona protesica (figg. 17, 18, 19), e l’estetica della corona anche in funzione della posizione del labbro e del sorriso (fig. 20).
Realizzazioni protesiche: Laboratorio odontotecnico Ceramodent di Paolo Morbiato e C. – Padova
Bibliografia
(1)Prove di flessione a fatica su impianti dentali, Gamberini T Exacone News 005; 2: 44-47
(2)Connessioni moncone-impianto: biologia e biomeccanica, Mangano C, Mangano F, Montini S Dental Cadmos 2004; 9:21-35
(3)Impianti a connessione conometrica autobloccante – Studio clinico, Guerra M, Belcastro S, Palazzo L, Mannarino MR Dental Cadmos 2007; 6:49-54
(4)Impianti a connessione conometrica nel rialzo del seno mascellare: studio prospettico, su 227 impianti Mangano C, Mangano F, Montini S, Mangano A, La Colla L, Implantologia 2008; 2:59-71
(5)Single tooth Morse taper connection implants after 1-year of functional loading. A multicenter study on 302 patients Mangano C et al Eur J Oral Implant 2008; 4:305-315
(6)Prospective clinical evaluation of 1920 morse taper connection implants, Mangano C, Mangano F, Piattelli A, Mangano A, La Colla L, Clin Oral Implants Res 2009; 20:254-261
(7)Studio clinico prospettico sulla sopravvivenza a medio termine di impianti a connessione conometrica Dott. Belcastro S, Palazzo L, Meli R, Guerra M, Quintessenza Internazionale, 2009, 3: 47-57
(8)Nuovi paradigmi in implantoprotesi, Estetica e stabilità dei tessuti, versatilità e successo implantare, Savasta S., Targetti L., Guerra M., Belcastro S., Meli R., Quintessenza Internazionale, Speciale implantologia 2009, 5bis: 125-134